Ti spiegherò qui l’origine dei termini SìCazz e NoCazz. Termini che, ormai, nella nostra società, abbiamo sentito un’infinità di volte. Tutto nacque con la nuova terribile ondata di HIV. Le persone che si ammalavano morivano come mosche e non c’era alcun modo di salvarle. Al che il governo, con l’ausilio del CTS e per prevenire le infezioni, impose il taglio del cazzo. È infatti scientificamente dimostrato che, senza cazzo, non può avvenire l’infezione da HIV.
Molte persone, pur di non aver storie col governo, si fecero tagliare il cazzo senza dir nulla. Del resto, non poter accedere ai ristoranti – ristoranti a cui si poteva accedere solamente senza cazzo – era un grosso problema per la maggior parte degli uomini e delle donne. Già, perché non si creda che queste fossero immuni. Coloro che convivevano con un uomo si ritrovavano infatti nella spiacevole – ma sistemabile – situazione, in cui vi era un cazzo in casa.
E così, un po’ per non cadere in tentazione e un po’ perché non si rialzasse la curva dei contagi, tanti uomini andarono a farselo mozzare. Se con costoro ci provavi a parlare, per curiosità e per capire, o per giustificare il proprio attaccamento ai propri genitali, ecco che questi snocciolavano numeri e numeri in cui si vedeva ben chiaramente che coloro senza cazzo contagiavano ben meno di coloro che ne erano dotati. Si era poi additati di egoismo, di individualismo e di essere convinti liberisti e, per finire, d’essere un po’ fasci.
Il fatto che uno al cazzo ci tenesse, uomo o donna, faceva di quel soggetto un barbaro da evitare, sia per le opinioni astruse e ideologiche, ma soprattutto per via del contagio possibilissimo. E così gli amici cominciarono col litigare e a non parlarsi più. Gli uni non potevano sopportare d’essersi tagliati il cazzo per nulla (a quanto pare c’era comunque il modo di contagiarsi) e i SìCazz invece vedevano ostruiti tutti quei diritti che non dovrebbero mai essere messi in discussione in uno stato che predica la tolleranza.
“La nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri.” era una frase ben nota e chi c’aveva ancora il cazzo provava a spiegare che non la vedeva come una limitazione della libertà altrui. “E la mia libertà di essere tranquillo dove la mettiamo? Vorrei poter andare in ufficio, al cinema e all’università senza dovermi per forza preoccupare d’entrare in contatto con il tuo cazzo.” Allora uno ci provava a dirlo, ovvero che non era sufficiente avere un cazzo per passare l’HIV. Prima di tutto uno doveva averlo, sto benedetto virus, e che poi c’erano tutte delle condizioni particolari che permettevano la trasmissione.
“E le persone senza cazzo, a loro non pensi?” Si riferivano qui alle persone nate senza cazzo o che mai ne avevano trovato uno. “A loro, ai cazzodepressi, non ci pensa nessuno, vero?” Al che bisognava spiegare che, moralmente, era un gran problema dover tagliare il cazzo a tutti quanti, solamente per una piccolissima percentuale di cazzodepressi. Con ciò, non volendo assolutamente sminuire la loro situazione. Si pensò anche ad un lockdown per chi era ancora dotato del cazzo, perché erano proprio loro coloro che veicolavano la malattia!
Fra le ragioni, che i SìCazz proponevano, vi era anche un qualcosa di egoisticamente godereccio. “Ma no che non ti succede nulla, ne han già tagliati a miliardi!” dicevano molti NoCazz. Ma tra i SìCazz c’era chi pensava che, sebbene di cazzi ne avessero davvero tagliati miliardi, ciò poteva essere non positivo – o non produttivo – per la specie umana. “Ma va, non succederà nulla, bisogna fidarsi della scienza!”
E dire che magari – magari – dovrebbe essere una scelta personale se tenerselo o tagliarselo. “Sarebbe una scelta personale se tu non vivessi in una società!” dicevan molti. L’angoscia e la fobia, di trovarsi persone col cazzo vicine, era poi arrivata a tanto d’avere una tessera – tale green-cazz – che davano solamente a chi se l’era mozzato. In alternativa, a patto di mangiare delle pillole di bromuro, che avevano il merito di rendere il cazzo innocuo, si poteva avere il green-cazz per due giorni.
Ad ogni esame in università ci si andava col cazzo fuori uso, in modo da esser certi che non si potesse passare l’HIV a nessuno. E le persone erano quasi più fiscali dell’autorità, andando proprio loro a controllare uno ad uno gli individui, smanacciando qui e là, in cerca del pericoloso SìCazz. Gruppi di controllori si aggiravano per i corridoi eleggendosi a rappresentanti della pubblica sicurezza con scientifiche e incontestabili ragioni: per eradicare il virus era necessario tagliare tutti i cazzi e chi non aveva atteggiamenti corretti – ovvero non si faceva tagliare il cazzo – non amava la patria ed era tanto quanto un disertore.
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