Guarda quella finestra illuminata, anche se è tardi. Dentro quella casa qualcuno è sveglio: chissà cosa pensa, quali sono i suoi sogni, se ne ha. Può darsi che stia pensando di andarsene, di fuggire e che sia preoccupato per la sua incolumità. Una buona percentuale di italiani lo è in questo momento. Mentre la maggioranza si appresta a tornare alla normalità, ecco che un’altra parte sta preparando i piani per emigrare.
C’è chi converte i soldi in oro, per poterli cucire nelle cinture come un tempo. C’è chi compra pannelli solari, radioline e fa approvvigionamenti di cibo. Ci sono quelli che costruiscono le armi per difendersi, quelli che stanno organizzando comunità per convivere. La società è in fermento, in subbuglio: aprite un’antina di un mobile rimasto chiuso da troppo tempo e si alzerà la polvere. Questa è l’Italia, paese dove tutto va bene e dove ci si preoccupa che all’Ilva, i malati di tumore, non prendano il Covid. Questo è il bel paese, che si preoccupa per i giovani, tanto che li si lascia morir di fame pur di non farli ammalare di una simil-influenza.
Questa è l’Italia, non troppo differente da quell’Italia di sempre, in cui gli intellettuali se ne fuggivano all’estero. La solita Italia che, quando veniva invasa dallo straniero, anziché liberarsi come parrebbe normale, aspettava che un nuovo straniero cacciasse il precedente. Siamo l’Italia che ha vinto (?) la prima guerra mondiale ma che ha perso la seconda. Che era fascista ma che adesso non si può più dirlo. Ma se il fascismo avesse vinto, allora sì che saremmo stati tutti fascisti e avremmo avuto tutti una tessera da mostrare al lavoro e nelle università.
Ma noi no, noi non siamo fascisti e non lo eravamo nemmeno prima. Solo Mussolini era fascista. Viva la Repubblica, dove tutto è democratico a prescindere, anche le discriminazioni. Datemi la pillola blu, quella che vi mostra il mondo dei puffi mentre vi seviziano. Per far ciò che è stato fatto, un tempo, vi avrebbero dovuto usar la forza. Oggi è con grande piacere – quasi godimento, direbbero alcuni – che ci facciamo controllare.
“Sì, controllami tutto.” Strascichi pseudosessuali di disistima personale. Disistima che probabilmente li accompagnerà nel sonno, e che, anziché non farli dormire – causa incubi – li concilierà proprio come fa una cattiva abitudine. “Oggi mi hanno controllato e non hanno trovato nulla: come sono bravo.” è il mantra inconscio del bravo bambino. Egli ascolta il dottore in tv, ma siccome è troppo pigro per capire che, sia lui che il dottore in tv, vivono in un contesto economico-sociale, non si chiede per quale motivo in tv vi sia quel dottore, che dice una cosa, e non l’altro, che ne dice un’altra.
E poi ci sono i numeri, i dati, cose noiose da cui è bene star lontani e che non portano a nulla perché ci si perde, e, a volte, si può quasi supporre che perdersi è proprio la cosa giusta da fare. Ma perché correre il rischio di perdersi fra i numeri e diventare folli, quando ci si può perdere tra la folla e diventare un numero? Uno fra i tanti, di quelli che son bravi, a cui non si può rimproverare nulla – per ora – e che nulla – si spera per ora – hanno capito. Persone che però capiscono che l’economia deve girare e che è sbagliato protestare; persone che urlano: “Ti devi vaccinare”, e se non lo fai è giusto che non ti si lasci lavorare.
È giusto perché “potresti vaccinarti”, e se domani non dovesse essere più ammesso l’accesso all’università ai non cattolici, allora sarebbe giusto perché “potresti battezzarti”. Era giusto durante la guerra fredda quando “potevi scegliere di non essere comunista”. Era giusto sotto Decio quando “potevi scegliere di essere pagano” o, in Inghilterra fino a settanta anni fa, in cui “potevi scegliere di non essere omosessuale”. Dovremo aspettare un secolo (forse?) in cui si capirà ciò che si è capito nel passato: a volte non si può scegliere.
Se una persona è cattolica o se è pagana, se è comunista o fascista, se è omosessuale o etero una persona non lo sceglie e non lo sceglie nemmeno se è no-vax. Si può scegliere cosa studiare, cosa ci arricchisce, ma poi, come si ingarbugliano i neuroni, non lo sa nessuno. E vanno accettati tutti altrimenti si ripete ciò che aborriamo e ciò che ciclicamente nella storia avviene. L’ira e la violenza si propagano e non c’è più modo di frenarle finché non si sfogano.
Chi sopravviverà, con le mani sporche di sangue, uscirà un giorno dal torpore e griderà: “Cosa ho fatto?”
La domanda che vorremmo porre è: “Per chi l’hai fatto? E perché, quando provavamo a comunicare la nostra disperazione, non ci hai ascoltati? Era tutto quello che ti chiedevamo, nient’altro che essere ascoltati.”