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Libri e Social: Intervista a Sam di Rivista Matrioska | Come Creare un Progetto Culturale Online

Posted on 12 Maggio 202512 Maggio 2025 by Alessandro Oppo

Intervista a Sam della Rivista Matrioska: TRASCRIZIONE AUTOMATICA, PUO’ CONTENERE ERRORI.

Alessandro: Siamo in un parchetto, uno dei pochi parchi di Bologna, e siamo qui con Sam, portata da tutti.

Sam: Grazie Ale per questo invito.

Alessandro: Grazie a te per questa risposta. Mentre oggi quello che potremmo fare è magari riflettere sull’esperienza del condividere, attraverso appunto quelli che vengono definiti social network – cioè la condivisione di chi siamo, cosa facciamo, quello che ci interessa. Ad esempio, tu sui social, cosa condividi? So che condividi qualcosa e magari qualcuno già lo sa perché è arrivato…

Sam: In realtà con diversi profili, però principalmente condivido dei commenti miei su alcuni libri. Essenzialmente sto utilizzando le pagine sui social, poi essenzialmente Instagram, come se fosse una sorta di casa editrice. Quindi sto mettendo dei libri, inserendo dei libri all’interno di percorsi che potrebbero immaginarsi come collane, con un mio commento sotto che potrebbe immaginarsi come una sorta di quarta di copertina. Anche se in realtà nei commenti spesso faccio rimandi ad altri testi che ho già commentato ma che condividono una tematica o un aspetto col libro in questione, creando quindi una sorta di rimando. Da lì il motivo del titolo del progetto che è “Rivista Matrioska” – l’idea che ogni libro rimanda a un altro, quindi c’è una serie di collegamenti che cerco di condividere.

Alessandro: E ad esempio questa condivisione come è nata? Nel senso, uno potrebbe scrivere i propri pensieri, tenerli per sé oppure semplicemente raccontarli agli amici. Perché è affascinante condividere le cose su internet? Però penso faccia anche paura a tante persone perché effettivamente ti esponi.

Sam: Sì, ma io personalmente ero partito con l’ambizione, la volontà di comprendere meglio il mondo dell’editoria, l’universo editoriale. Quindi anni fa ormai, con l’avvento e l’enorme diffusione dei social network, ho pensato che essenzialmente con una pagina, con un progetto presentato bene, questo sarebbe passato anche sotto gli occhi eventualmente di persone che lavoravano o lavorano nel mondo delle case editrici. E da lì mi sarei creato una sorta sia di curriculum mio o di portfolio, insomma come dire, sia dei contatti, la possibilità di crearsi dei contatti.

Poi sensualmente… quindi eventualmente non ho avuto molto timore all’inizio. Ho avuto più timore quando in realtà il progetto ha preso un pelino di piede. Cioè ad esempio un po’ di ansia quando per un breve periodo diventai un po’ semi-virale, quindi magari post guadagnavano tante visualizzazioni, il profilo cresceva un po’. L’idea di “cavolo, adesso ci sono tante persone che incominciano a seguirmi, a leggere”… Nel mio caso sono numeri ancora sempre piuttosto modesti, però già ero sensibile alla cosa, cioè mi metteva un po’ d’ansia onestamente. Però boh, credo che sia un’opportunità.

Alessandro: Sta generazione tra l’altro, sto pensando a questa cosa dei numeri modesti… E appunto sui social uno pensa che diecimila persone sono numeri modesti. Dopodiché puoi fare una conferenza dove ci sono diecimila persone che ti ascoltano o diecimila persone che comunque comprano il tuo libro, non sono modesti.

Sam: Sì, no, hai ragione. Poi comunque chiaro che devi essere pronto a ricevere magari commenti che ti possono urtare o che proprio possono infastidire. Altre volte invece ricevi commenti chiaramente anche critici e molto molto validi, oppure stimoli estremamente interessanti. Nel mio caso sinceramente, non è che… proprio perché sono il primo che non cerca chissà quale interazione con il pubblico, quindi non pongo mai questioni. In effetti sto proprio più facendo un lavoro, un progetto per me, con la mia ambizione. Se può essere utile anche agli altri mi fa piacere, però non ho questo gran contatto col mio gruppo di seguaci/follower.

Non lo dico come vanto, anzi potrebbe essere più intesa come critica. In futuro infatti, anzi, già magari con questo tipo di video così è un tentativo anche per cercare di creare più leva diciamo sulle possibili relazioni che si possono… o contatti che si possono creare anche con persone che non lavorano per forza nell’editoria, ma che magari hanno interessi che convergono con i miei.

E poi ecco, un altro punto secondo me è comunque un modo – avere un progetto personale – per emanciparsi. Può essere un modo, magari un percorso estremamente faticoso ma anche estremamente stimolante. Quindi in questo senso più che altro incoraggerei, invoglierei. E poi per come sono fatto io (e chiudo perché sto parlando da un po’ ma ti lascio la parola perché poi anche tu condividi contenuti, quindi vorrei sapere anche la tua opinione) però immagino che sia meglio comunque cominciare con un minimo di progetto già in mente. Io almeno ho iniziato così.

Alessandro: No, pensavo una cosa che ad esempio il tuo lavoro principalmente… vede appunto, magari se uno va sulla tua pagina Instagram vede le immagini delle copertine, i tuoi commenti. Mi pare forse non c’è neanche una tua foto, no?

Sam: Non ho fatto in questo modo anche per rompere, diciamo, andare oltre. Diciamo vedere il backstage in qualche modo. Diverse persone che lavorano in quest’ambito, soprattutto nella condivisione dei contenuti editoriali, spesso hanno cercato di spingermi ad avere più interazione col pubblico, quindi mostrandosi anche un modo per, chiaramente, farsi conoscere meglio ma anche per empatizzare di più. E anche per me, in realtà, per spiegarmi meglio perché poi appunto è un progetto che è difficile da comprendere così di primo acchito. Richiede che qualcuno si metta lì, capisca un attimo come è strutturata la pagina, quindi capisco che richiede un impegno che non è detto che una persona, magari anche interessata a quel tipo di contenuti, voglia o sia in grado di concedere.

Ecco, sto cercando probabilmente in futuro di cambiare un minimo questo aspetto. Rimarrà però la volontà di tenere il libro e i libri in primo piano, con me in secondo piano.

Alessandro: Sì, perché il lavoro diciamo che scaturisce dalla natura del tema centrale. Ma poi mi piaceva proprio avere come dire un accesso a una pagina, in questo caso, che mostra innanzitutto come una biblioteca dei libri. Dal mio punto di vista la rovinerei mettendo delle immagini che non siano libri.

Sam: Non solo di me, anche immagini di un autore che mi piace tanto, di un intellettuale di cui ho stima, di uno scienziato. Dal mio punto di vista rovinerei il mio progetto. Se uno va sulla tua pagina vede tante copertine colorate – c’è anche l’aspetto estetico.

Alessandro: Quell’estetica tra l’altro mi ha fatto venire in mente un episodio che secondo me può essere anche carino da raccontare, perché ce l’ho anche io quell’incontro con un altro ragazzo che faceva un lavoro simile al tuo. Gonzalo, lui ha una libreria proprio. Quindi nel suo caso è proprio… utilizza è ancora più… c’è un progetto più concreto del mio nel senso più letterale del termine. Lui ha una libreria in cui vende libri usati e quindi utilizza la pagina social per mostrare i volumi che magari è riuscito a ottenere.

Sam: È una mossa molto intelligente infatti. Io anche conosco molti librai anche qua a Bologna perché ci sono nato e cresciuto. Nel centro storico ce n’erano tante e ne sono rimaste poche. Soprattutto ai più giovani, tendenzialmente quando mi chiedevano dei social media, fare una pagina o meno, dicevo “sì, fallo”, perché anche solo per pubblicità è utile, e poi ti crei contatti.

Alessandro: Sì, tra l’altro questa cosa dei contatti io l’ho scoperto dopo. Cioè nel senso, un saluto a Gonzalo esatto, che poi gli mandiamo il video perché io ero presente. È a Lisbona la libreria, se non sbaglio. Sostanzialmente c’era questa serata birre e condivisione, ci si conosce con quest’altra ragazza, amici eccetera. E appunto mentre si parla di cosa si fa nella vita, gli hobby e passioni, i lavori eccetera, io dico “faccio questo così” e non mi ricordo se tu prima hai mostrato o lui te l’ha mostrato, ma comunque uno dei due all’altro ha fatto… ha mostrato…

Sam: Era lui che ha visto la mia pagina. Poi c’era la sua ragazza lì ed è impazzito, fa “mio dio, ma è molto simile alla mia!” Perché ha un’estetica simile in un certo senso. Perché anche lì non vedi lui o le foto della libreria sulla pagina, solo foto dei libri con uno sfondo che usa sempre lo stesso. Anche lì quindi l’estetica di primo acchito tu vedi una pagina con solo libri che sembra una sorta di biblioteca virtuale simile. Eravamo rimasti un po’ colpiti, ma anche perché onestamente io conosco un po’ di pagine che fanno un progetto simile e tendenzialmente non hanno… non seguono questa estetica. Tendenzialmente emerge discretamente la presenza fisica della persona che sta dietro quella pagina, che tra l’altro è più che legittimo come scelta. Anzi, Instagram stesso e i social media ti suggeriscono di avere questo tipo di approccio. Favorisce anche proprio nell’esposizione a livello algoritmico, viene favorito.

Pubblicare solo contenuti così come faccio io è più difficile. Se uno condivide foto di cibo, o di carte da gioco, vestiti o… non so se sui vestiti forse c’è un po’ più di… Tutto ciò che non concerne una presenza umana.

Alessandro: Insomma mi era tornato in mente prima questo episodio quando avevi parlato di come tutto bello se non sbaglio… perché appunto è proprio quella la cosa che dal Portogallo all’Italia… infatti mi fa anche pensare magari quante persone in giro per il mondo magari abbiano la stessa idea. Magari la stessa idea è già nel cervello di qualcun altro, magari nell’altra persona nell’altro quartiere oppure bisogna andare in Portogallo, in Brasile, migliaia di chilometri per ritrovare qualcuno.

Sam: No, in realtà la cosa secondo me interessante, a parte che dovresti assolutamente lanciarsi se uno ha qualche progetto in mente, anche perché poi spesso magari sono anche esperimenti, uno impara strada facendo. Nella maggioranza dei casi… Magari tu sei partito con copertine e questi commenti, magari poi finirà a fare i podcast, non ne ho idea.

Alessandro: No, sulla cosa appunto dei contatti, perché è una cosa che ho realizzato… Io ho iniziato a fare questo, in realtà prima avevo video da solo. I contatti non ne fai, è più difficile se uno mette contenuti online. Magari qualcuno ti scrive un messaggino, però… Tipo appunto scrivendo ho scoperto dopo i professori. Ce ne ho conosciuti parecchi. Adesso io conosco non so, dieci professori che insegnano storia in alcune università. Ecco, tu hai avuto qualche contatto, come dire se ti va di raccontare un attimo proprio anche per far capire cosa può portare magari anche un farsi un proprio progetto, e non solamente magari complimenti nei commenti o magari anche qualcosa di più? Era quello che dicevi prima, collegarsi col mondo dell’editoria…

Sam: Ma appunto si creano diversi tipi di contatti. Credo che siano tutti poi in un certo senso estremamente gratificanti e proprio anche utili. Dal punto di vista più lavorativo, poi chiaramente potendo vedere il progetto persone che lavorano all’interno di case editrici ti possono contattare. Nel mio caso specifico l’interesse principale era con appunto quello di conoscere il mondo dell’editoria. Quindi chiaro che se tu riesci ad avere un minimo di visibilità, finisci sott’occhio di persone che lavorano in quel mondo, ti possono scrivere dai DM o email che lasci come contatto. E poi eventualmente vedi, perché poi da lì si apre tutto un altro universo nel senso: una volta creato il contatto poi bisogna anche saperli, come dire, gestire.

Poi anche a livello però, per dire, umano. È estremamente gratificante quando nel corso di questi anni insomma (ho iniziato il progetto Matrioska parecchi anni fa), ragazze e ragazzi anche molto più giovani di me… quindi non era semplicemente un “complimenti alla pagina”, ma più una condivisione della loro esperienza con la lettura di alcuni contenuti, di alcuni libri che avevo proposto. E sono state estremamente stimolanti come interazioni.

Ma in generale, ecco un’altra cosa che m’ha colpito positivamente che non mi sarei aspettato quando ho iniziato il progetto: studenti e studentesse che lavorano magari all’università con riviste o con associazioni magari ti possono contattare per richiedere un’intervista, o ti dicono “ti faccio delle domande scritte, se mi puoi rispondere”.

Quindi effettivamente c’è la possibilità di crearsi un tessuto diciamo di contatti, di relazioni, che senza la possibilità della condivisione attraverso internet magari sarebbe stato più difficile da raggiungere.

Poi come dicevo prima, nel mio caso non avendo chissà quale… non essendomi tanto concentrato sull’interazione con l’esterno o sulla priorità alla ricerca di contatti, sono sempre stato molto passivo. Quindi anche rispetto alle case editrici, che era quello che volevo come dire colpire maggiormente, essenzialmente io ho aspettato che arrivasse il punto in cui iniziassero a seguirmi loro. Perché nella mia testa c’era l’idea che doveva essere il mio lavoro dev’essere apprezzato eventualmente da loro, senza che io li cercassi. Volevo che fosse…

Però ecco, una volta ottenuto quello, ci sta secondo me incominciare di più a muoversi in questo senso. Io sono stato molto più passivo, tu hai di sicuro più da raccontare.

Alessandro: In questo senso sono più io che posso beneficiare ad ascoltare… Sì, contatti, adesso sì. Perché io sono partito inizialmente col blog, poi con questi video da solo, e poi questi video in cui scrivevo ad altre persone sostanzialmente le interviste, le chiacchierate. Il confine tra chiacchierata e intervista è abbastanza labile.

È stato divertente, direi che è tuttora divertente perché è come dire una scusa per parlare con qualsiasi persona ti stia divertendo. Mi piace parlare di alcuni temi, cioè di tanti temi. Puoi imparare… ce ne fosse uno! Non so, intervisto un professore di storia e quello ti racconta la storia del tabacco nell’Italia moderna. È interessante! E poi c’è anche quella sorta di… non so forse anche di utilità. Nel senso: se imparo io, mi fa proprio piacere stare lì magari ad ascoltare il prof che parla, e poi dici “comunque può essere utile a qualcun altro”. C’è questa speranza.

Poi dopo io sono convinto di sì, perché anche magari quel video ha ricevuto due commenti, duecento visualizzazioni, però sono abbastanza sicuro che le persone che hanno visto quel video l’hanno trovato interessante. Anche proprio poi l’hanno scritto appunto in quei due commenti. Molte persone possono trovare molto interessante il tuo contenuto magari senza lasciarne un’impronta. Infatti molti creator di ogni ambito chiedono direttamente di lasciare un mi piace o lasciare un commento. Lo fanno perché effettivamente se lo chiedi è più facile che uno lo faccia.

Sam: Io non l’ho mai fatto sinceramente neanche io. Anche quella cosa “seguitemi, cliccate su Maps, iscrivetevi, follower e campanella”… ring! Però oggettivamente aiuta. Penso di sì perché aiuta. Diciamo che in qualche modo forse c’è un passaggio dal… appunto condivido le cose su internet perché c’è appunto quello che dicevo prima: faccio il mio progetto. Anziché farlo su un foglio Word lo faccio su Instagram, ma così diciamo qualcun altro può leggere quello che scrivo. Magari il passaggio appunto dire “seguitemi, cliccate campanella” eccetera eccetera è più l’influencer tra virgolette, che poi in realtà ci sta anche qui.

È anche… penso che se uno è convinto come dire che quello che fa sia valido, bello eccetera, è anche giusto come dire promuoverlo. E la cosa dei contatti… Sì no, io dicevo che me ne sono accorto dopo. Cioè nel senso, infatti ogni tanto penso a questa cosa che magari uno fa una chiacchierata con una persona… La prima volta mi sentivo un impostore! “Vorrei intervistarla”… mai fatto un’intervista prima! Come se uno volesse scrivere un articolo per un giornale, un quotidiano famoso, e non è un giornalista.

Alessandro: E poi in realtà però è così che si parte. Cioè nel senso, se uno… c’è appunto a volte la prima intervista/chiacchierata che ho fatto magari fa schifo perché balbetti mentre parli, sei emozionato, confuso. Poi ne fai un’altra e di solito è uguale! Poi magari un po’ ti tranquillizzi. Però diciamo appunto col tempo, col passare del tempo come dire capisci il motivo per cui hai fatto la prima, come dire unisci i vari puntini a posteriori.

E poi anche adesso, poi magari ancora non l’ho provato a fare però alcune volte mi è anche venuto in mente: “Cavolo, ma quella persona lì dovrebbe parlare con quell’altra persona là!” Sarebbe connettere, si offre di organizzare una sorta di dibattito perché magari sono contrarie, però magari sono due esperti dell’argomento che la pensano in maniera diversa.

Sam: I talk show televisivi!

Alessandro: No no, aspetta, io lo dicevo idealmente. Non per come sono de facto i talk show televisivi in Italia! Però essenzialmente l’idea che su un argomento magari anche d’interesse appunto per l’intera comunità o che è urgente, sentito urgente in quel momento, chiami due, tre, quattro esperti sull’argomento. È utile che ci sia diversità di opinione. Utilizzare il social o comunque internet come lo stanno facendo da tempo… poi c’è essenzialmente podcast o canali YouTube che fanno questo, sono tantissimi su tutti i servizi di streaming. Non conosco neanche tutto, tu sicuramente i canali, ce ne sono un sacco.

Secondo me è sensato. Il nostro… mi pare più che comprensibile che già le nostre generazioni, figurati quelle ancora più recenti, utilizzano internet, quindi utilizzino la possibilità di… già utilizzano i media senza dover passare da qualcun altro. Poi è un discorso comunque che richiederebbe un’analisi, un argomento già più intricato di come lo sto esponendo, però effettivamente permette… ad esempio a me ha permesso, è già stato utile insomma.

Cioè prima avrei dovuto scrivere magari una mail o prima ancora una lettera o andare di persona magari a cercare persone che lavorano per case editrici, cercare di fargli capire attraverso una chiacchierata in poco tempo… darmi l’opportunità di mostrare i miei lavori, sperare che poi li leggessero. Era più complicato a un certo punto di vista. Così hanno già avuto… a parte che appunto aspettando che ti seguissero loro, come dicevo, hanno già avuto la prova che… cioè hanno visto una pagina con dei contenuti, delle persone che effettivamente erano interessate a questi contenuti. Hanno visto che magari pubblicavi in un certo modo, scrivi in una certa maniera eccetera. E quindi hanno detto: “Va bene, lo seguiamo, gli scriviamo, prendiamo contatti”.

No, volevo fare una sorta di riflessione sulla… posso lanciare una breve provocazione? Perché non vorrei che… in questo senso le case editrici non è che sono molto sveglie. Molto, per la mia breve esperienza, non sono molto inclini ad utilizzare ancora questi strumenti, a parte forse proprio la pubblicità. Ma anche lì ci sarebbe molto da esplorare.

Alessandro: Sì, sì, sicuramente. E forse anche magari adesso non sono le case editrici… A parte che ho notato che in particolare diciamo al mondo… Che appunto queste quelle che vengono chiamate “ste diavolerie elettroniche”… Un mio professore delle superiori di letteratura parlava di internet e diceva “diavolerie elettroniche”. Cioè nel senso che c’era un po’ questa divisione dei saperi tra chi si occupa di letteratura… poi un blocco, magari non sa come aprire la pagina. Non lo so, questo è un pregiudizio. Le generazioni prima, se adesso non lo so. Però credo che in ogni ambito poi trovi delle persone giovani che stanno divulgando o condividendo il loro sapere, comunque i loro progetti.

Sam: Sì sì, assolutamente sono più le persone giovani e penso anche però che questa cosa la fanno anche meglio tendenzialmente. Le persone più in là con gli anni, con tutto il rispetto (poi ogni regola ha la sua eccezione), padroneggiano meglio diciamo i contenuti che producono video migliori.

Alessandro: No, pensavo anche come magari potrebbe evolversi. Forse ne parlavamo qualche giorno fa, cioè su come appunto magari inizialmente… appunto dieci anni fa diciamo all’inizio magari dei social, magari appunto le prime persone hanno… vale la stessa cosa appunto per i siti web, quindi magari venti anni fa o più. Per cui le prime persone che hanno condiviso diciamo i loro lavori eccetera hanno avuto parecchio successo. E anche adesso ci sono comunque persone che iniziano ora o hanno iniziato di recente, comunque sono arrivate a un piccolo successo, pubblicano eccetera.

Però come dici giustamente, la cosa del… non la vedo come partecipazione. Diciamo a questa rete: se tu metti su un contenuto su internet, io ne metto un altro, un’altra persona ne mette un altro ancora. E secondo me, come dire, adesso lo stiamo facendo praticamente tutte le persone condividono contenuti su internet. C’è chi lo fa appunto sulla propria pagina personale e chi lo fa su una pagina pubblica appunto con un progetto. Comunque sono tanti anche i progetti, effettivamente sono sempre di più.

Per cui questo mi fa pensare come dire che a un certo punto sarà… noi adesso siamo ancora abituati che il curriculum ce l’abbiamo in PDF. Domani probabilmente saranno i tuoi contenuti online! Esattamente, indipendentemente poi dal settore in cui uno lavora. C’è una sorta di portfolio online fatto… poi penso che in un certo senso è già futuro!

Sam: Sì, è già così, però…

Alessandro: Per pochi ancora, ma è già così.

Sam: Sì sì sì, assolutamente. Mi immaginavo appunto un possibile futuro in cui questa cosa si amplierà sempre di più. Concordo con te e ci sto. Infatti, ma sai perché secondo me, io vorrei sottolineare questo elemento: la possibilità di avere un medium non è così scontata. Cioè poi ne paghi anche le conseguenze di utilizzare Instagram, di utilizzare YouTube. Devi stare a delle regole in un certo senso. Non è che puoi fare quello che vuoi, è vero, non è facile tutto quanto. Però tu hai la possibilità di utilizzare questo medium. È un elemento secondo me chiave per quello. Credo tu abbia ragione: ciò avverrà sempre più intensamente, ma già è così. Può in un certo senso… ma avrà sempre più intensità e sarà sempre più utilizzato.

Che poi verrà… immagino anche, non so, anzi non mi immagino i prossimi social network come saranno eccetera. Stiamo parlando di un mondo che esiste da pochissimi anni. Cioè per quanto sia diffuso, grande, è ancora recente.

Alessandro: A maggior ragione perché ha senso lanciarsi. Sì, invece di tipo non so…

Sam: Questo assolutamente. Appunto lanciarsi perché, come dicevamo, lanciarsi poi eventualmente anche a sbagliare, però tanto poi uno non rischia un grossissimo capitale iniziale. Si mette un commento o un video su internet. Può essere il tempo, però comunque anche se non hai nessun successo con un eventuale pubblico, è comunque utile per sé. Cioè mettersi lì a lavorare, ad esempio costruire un contenuto, puoi condividerlo. È comunque un lavoro che la tua mente e il corpo eseguono, quindi in un certo senso sempre comunque riscontri…

Al di là del successo che a volte presenta… anche avere un successo immediato e veloce come può capitare attraverso i social media può anche essere controproducente poi per la maturazione intellettuale o artistica del progetto che si è inizialmente ideato. È pericoloso anche quando cominci ad avere un certo pubblico, capisci quali sono le inclinazioni del pubblico, cominci a capire che certi contenuti piacciono di più… La ricerca del like, del follow… È in un certo senso una droga. Se quell’ansia che dicevamo appunto nel momento in cui effettivamente ti accorgi che ci sono persone – non dico che stiano lì ad aspettare il tuo contenuto – però nel momento in cui tu lo pubblichi finisce nella loro… come si chiama? Nella loro pagina Instagram! E quindi entra nel loro feed, esatto! E quindi se questa cosa un po’ di ansia la può mettere…

In generale c’era una frase che ho letto su un muro qualche giorno fa. Bologna è piena di frasi sui muri. Ed era… cos’era? La strada lunga? Era un po’ sgrammaticata poi come scritto. Adesso non me la ricordo, ero stanchissimo. Il concetto era che la strada lunga comunque è sempre estremamente tortuosa. Era sul genio, diceva… Adesso non mi ricordo però era comunque il concetto di queste cose. La strada lunga a volte magari ha più… Sulla non linearità del percorso che spesso vengono immaginati o proposti come lineari, percorsi di vita. Dico proprio ma non solo.

E se sì, c’è appunto magari dei percorsi non lineari ti obbligano a… Chi non risica non rosica? Magari riassunto troppo. No, però è vero che… non so cosa… C’è effettivamente mi è capitato di conversare o avere conversazioni con ragazzi e ragazze più giovani di me, estremamente brillanti da un punto di vista che… ho cercato di incoraggiare, incoraggiare la voglia di condividere dei contenuti o dei progetti. Ho cercato di incoraggiare ma effettivamente c’era questa paura diciamo nel farlo che li bloccava. Magari spesso perché appunto l’idea è di un percorso lineare.

Cioè: io condivido un progetto, se magari all’inizio è un po’ apatico poi comincia a crescere, cominciano a crearsi delle porte… Ma la vita aspetta un certo tipo di situazioni. Invece ti rendi conto poi che è molto più erratico ma anche molto più misterioso. Quindi in un certo senso il percorso che uno vuole intraprendere quando è un percorso individuale con un progetto tuo…

Quindi come per ogni cosa bisogna saper essere in grado di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, quindi fallo! Ma anche essere poi non troppo sensibili rispetto a “mio dio, come mi commentano, come mi vedono”… Ma chissenefrega! E tutto sommato no? La vita è breve per farsi troppe pippe mentali. Ma poi questo succede comunque anche costantemente quando giri per strada. Che non puoi già per strada perché ogni due per tre qualcuno vedendomi può pensare “ma chi è sto fesso? Ma che faccia da culo! Ma che stronzo!” Come poi potrebbe essere anche il contrario, no?

Magari condividendo i tuoi contenuti invece persone che hanno un’affinità con la tua sono in grado di scoprirti. Quindi si può creare magari anche delle belle opportunità.

Alessandro: Non so… Diciamo lanciando contenuti su internet è come… come dire, è come se uno non tanto aprisse delle porte però è come dire se mettesse le porte che gli altri possano aprire in qualche modo. E poi sto pensando anche alla pazienza. Cioè nel senso che tante volte… appunto se magari contatti qualcuno, in realtà a volte magari legati anche… parlando anche di altri progetti, diciamo contatti qualcuno perché vedi che sta facendo qualcosa di simile a quello che fai tu. Poi magari pensi si possa collaborare in un certo modo.

Proprio questa cosa magari non succede perché l’altra persona vive in Portogallo, in Spagna, dall’altra parte del mondo, ha la sua vita e sue cose eccetera. Però poi magari quella persona ti presenta un’altra persona e a quel punto si apre una collaborazione che tu non avresti mai immaginato. Non potevi neanche immaginare quella persona, non c’era altro modo di conoscerla se non così, passando così. Per cui quella strada tortuosa in cui proviamo a fare qualcosa, non ce la faccio, non ce la facciamo, tra tre mesi però mi presenti quella persona in maniera casuale perché sì. No, forse è bello che succede.

Sam: Infatti. È utile che tu condivida queste circostanze, la tua esperienza, perché magari molte persone si bloccano sul nulla. Per quanto mi riguarda, dieci persone specifiche che dovrebbero astenersi, ma per lo più… specifico intendo forse anche la maggioranza! Non lo so, ma poi appunto immagina che ognuno condivida… sta facendo chissà che cosa.

Questo è infatti… anzi ti dirò, dicevo questo proprio per dire: a maggior ragione, un minimo di progetto, un minimo di sincera passione che lo sostiene! C’è tanta gente che lo fa per fare, non è che lo fa per… magari aveva ottenuto successo, si limita. A lungo termine non riescono a combinare niente.

Mi viene in mente appunto… non so se chiamarlo diciamo situazione culturale in cui diciamo alcuni contenuti – generalizziamo: testi, video o cose varie – vanno più di altri. C’è nel senso, i gattini sono forse una delle cose che va di più su internet! E direi anche tante altre cose. Và sicuramente di più un intervento con un prof di storia o un commento su un libro? Esattamente. Sui libri poi sono specifico, proprio una situazione un po’… C’è sempre meno gente che legge libri, sempre… C’è sempre più crisi nell’ambito editoriale, non stanno riuscendo adeguatamente ad utilizzare quei mezzi che potrebbero risollevarle. È un po’ disastrosa come situazione. Per quello che si può solo che far del bene, se da un certo punto…

Quello che si dice appunto “la cultura non paga”. Cioè nel senso che rispetto… se uno si mette a fare recensioni non so delle ultime macchine di lusso, non so, avrà magari un pubblico diverso. Quindi magari anziché con le case editrici inizia a parlare con le… chi vende macchine. Chiaro, se si parla di come dire di un’altra dimensione di business, eccetera. Però a quel punto magari forse nemmeno è un progetto individuale, è forse più un progetto diciamo che parte più con un’ottica pubblicitaria. Non lo so però, in realtà non è vero perché a me non interessano le macchine, ad alcune persone sì. Da bambini si gioca spesso con le macchinine.

Alessandro: Quello mi piaceva! È vero, le macchine… è un sacco che non ci gioco.

Sam: Non so neanche se ce le ho più le macchinine. Probabilmente in cantina, in qualche scatola.

Alessandro: È come uno sceicco che ha quattrocento macchine nel garage, io le tengo in cantina in una scatola! Ci sono un sacco di animali però sui social. Infatti anche io sto pensando… potevi essere il doppio!

Sam: Letteralmente sui social!

Alessandro: Non so se c’è qualche aneddoto che ti viene in mente magari legato al… non so se tua esperienza?

Sam: No, onestamente adesso non ci sono degli aneddoti che mi… Però non so, non ho idea di quanto sia giusto condividerli. Ad esempio mi ha colpito tanto alcuni messaggi che mi hanno mandato, tendenzialmente molto più ragazzini e ragazzine molto giovani. E però i commenti, i messaggi che mi mandavano erano di cui… come scrivevamo, la condivisione di alcuni loro pensieri, alcune loro emozioni. Sono state volta anche estremamente toccanti per me, oltre che stimolanti. Però non mi sentirei di specificare cosa.

Come altro aneddoto particolarmente divertente… boh, Ale, stai parlando con una persona che commenta libri! Pensavo magari di divertente… la cosa che a me ha divertito di più è vedere un marasma di persone che ha cercato e cerca di fare una cosa simile alla mia, che ti segue, poi ti chiede “per favore seguimi”, prende male perché tu magari non lo fai, ti bloccano, poi ti sbloccano, ti ri-seguono. Una cosa un po’ infantile anche. Da un lato non vorrei fosse un divertimento sulla sofferenza altrui. È un atteggiamento che a volte mi diverte.

Pensavo aneddoti, esperienze che uno magari non… appunto da esterno, cioè non so, magari un lettore della tua pagina non può immaginare. Come dicevamo appunto questa cosa del fatto che una casa editrice ti possa contattare, uno magari no. Uno magari pensa: solo se sei un grande influencer ti contattano gli sponsor. Ti serve sicuramente un numero minimo, certo. Sì no, certo, se hai milioni di followers uno si immagina che una casa editrice magari ti scriva o cerchi collaborazioni di un certo tipo. Però non bisogna avere necessariamente un milione di followers. Questa cosa può portare… questo tutto può succedere anche con numeri molto più… oddio, più piccoli.

A un certo lato è positivo non essendo un ambito, quello dei libri, così utilizzato sui social. Ci sono tante pagine di libri, però rispetto alla totalità di pagine presenti su Instagram è più facile riuscire a crearsi dei contatti anche lavorativi di un certo tipo, con numeri non così alti. Però è vero che non è facile accumulare neanche… poco che poi appunto tante… poco è relativo, però per un progetto come il mio già arrivare a duemila follower non è così… o tremila follower non è così scontato. Anche se per molti sono pochissimi.

Alessandro: Sì, esistono tanti profili privati di persone molto socievoli che hanno magari quel numero di followers. Secondo me è diversa come cosa, perché appunto molti tuoi follower sono persone che conoscono… hanno conosciuto un interesse nel vederti, la tua persona. Ok, sto condividendo dei contenuti in un certo senso, quindi potenzialmente sto facendo addirittura un servizio. Comunque adesso uno… allora duemilatré persone che ti stanno seguendo perché sono interessate a quello, non tanto a te. Se sei un creator di un certo tipo, la maggior parte non ti riconosce, non ti conosce, non ti ha mai visto.

Sam: I numeri sono così bassi nell’ambito editoriale che un buon progetto magari anche con duemilatré follower… conosco persone che lavorano con case editrici con questo numero di follower, capito? Quindi… E magari non ti chiamano a parlare in tv, per quello devi avere… deve essere un po’ più grande diciamo.

Alessandro: Sì, ci deve essere, perché c’è tutta un’economia. La possibilità di raggiungere un largo pubblico. È come se uno avesse un canale privato che ha tanti telespettatori. Certo, come un canale regionale che ti guardano in dieci! E tra l’altro appunto spettatori tutti interessati a quell’ambito specifico. Si tratta quindi in questo senso… ho mal interpretato nel senso che dicevi all’inizio di questa intervista, di questa chiacchierata, quando dicevi “poi beh, è relativo, molto poco”. Se poi ci sono altri che invece… io personalmente non suggerirei di seguire queste tecniche di segui, follow, follow-unfollow, o di scrivere “seguimi” eccetera.

Sam: Per me questo è un po’ perché rischia di diventare controproducente. Riesci ad accumulare diecimila follower però perché stai seguendo tu a tua volta ottomila persone, quindi non c’è un reale… almeno non stai creando un reale interesse rispetto ai contenuti che condividi. Così è inutile. Se lo devi fare con questo obiettivo… sono d’accordo. Cioè nel senso: tu fai il tuo progetto, il tuo contenuto, poi ci stanno anche le collaborazioni. Come dire, conoscere altre persone, eventualmente fare collaborazioni sono utilissime. Io non ne ho fatte finora, però riconosco che siano… anzi, forse è qualcosa in cui vorrei incominciare a lanciarmi di più anch’io.

Però non parlo proprio di incominciare a seguire, poi togliere il follow, cercare così di un po’ artificiosamente crearsi dei numeri. Non serve a niente. Ci sono anche tutte le strategie, i bot. Credo che i social network siano pieni di bot. Però puoi comprare tu stesso… metti a rischio molto, è una mossa comunque onestamente scorretta. Infatti se vieni sgamato ne paghi le conseguenze. Cioè ne paga le conseguenze il tuo caso, la pagina viene semi-oscurata o letteralmente chiusa. Non so se ne vale la pena.

Ma poi, a prescindere anche se non ti sgama il medium che stai utilizzando (quindi il social network in questione), i singoli contenuti che condividi non avranno riscontro. Cioè non c’è un’esistenza minima reale, questa cosa poi emerge. Più che altro all’inizio magari è una tecnica che può avere senso a breve termine. Non so neanche… sono d’accordo che alla fine non… anche perché sarebbe più un tra virgolette inseguire un’idea di successo che poi non è neanche quello che rende felici. Avere… no, anzi credo che dia in generale solo più problemi. Sì, perché poi ti ritrovi un milione di followers. Che cavolo gli dici se… A chi se ne frega! Ma perché dovrei avere un milione se non è che stanno seguendo qualcosa che sto offrendo?

Ma se fosse la mia vita, ma perché un milione di persone debbano essere interessate alla mia vita? Io questo lo capisco poco. Certo, se sei… assolutamente, c’è tutta una cosa. Però molte persone sono interessatissime a sapere cosa mangia un determinato calciatore o con chi sta uscendo in quel momento. No, ma io posso capire. C’è dietro il seguire la dieta, per dire, o lo stile di vita di una persona, ci sta.

Ho più da ridire su come viene orientata solitamente questa ricerca. Tendenzialmente, per quanto mi riguarda, quelle persone che avrebbe più senso che condividessero la loro vita, tendenzialmente non lo fanno. Mentre quelle persone che invece, boh, secondo me non è che abbiano chissà cosa da dire o da condividere, lo fanno. Questa è una cosa su cui riflettere.

Io ogni tanto lancio delle provocazioni, dei commenti un po’ più diciamo cinici. Ma perché credo sia anche giusto offrire, cioè, più lati della medaglia. Non solo “non è solo bello condividere i contenuti sui social, non è solo bello il social, non è solo bello come il pubblico può interagire con te, come interagisce”. Un po’ devi aver avuto esperienze spiacevoli?

Alessandro: No, ma non parlo di… Una persona che commentava in maniera negativa qualsiasi video. Ma proprio completamente chiama, proprio in maniera cattiva. Sì.

Sam: Mi spiace. Non volevo adesso… Mi spiace per quella persona in realtà, non ci sono rimasto male. Perché però ho capito che lo faceva con tutti i video!

Alessandro: Mi dispiace! Io invece volevo chiederti… appunto uno, andiamo a bere un caffè? Dopo andiamo a prendere un caffè, ci tenevo a includerlo.

No, stavo pensando questa cosa che appunto chi va sulla pagina legge solamente il numerino, tot followers. Tu da dietro le quinte vedi anche più o meno magari chi ti sta seguendo e quindi non so, sono centri vecchia, meno vecchia, più giovane, meno giovane.

Sam: Nel mio caso, quasi il settanta per cento dei follower totali sono under 35 anni, con la maggior parte che è compresa tra i 22-23 e 30-32 anni. Quindi questo ci conferma che Instagram è un social per giovani. Più utilizzato, credo sia da queste categorie. Poi non so, forse nel mio caso specifico riesco ad accattivare di più persone che sono vicino alla mia età piuttosto che quelle più distanti. Posso anche capire che non so, una persona di 50-60 anni può avere meno interesse.

Comunque, per quello che faccio io forse la curiosità è necessaria come elemento. La curiosità è una qualità umana presente sempre, in alcuni di più, altri di meno. Quindi anche in un ottantenne eventualmente. Però tendenzialmente è una qualità tipica giovanile. Quindi forse anche per quello io ho più… non so, il mio pubblico molto giovane. Anche vicino alla mia età, ma comunque molto giovane.

È molto interessante. Ho sempre trovato molto interessante alcune statistiche che solamente il creatore della pagina può vedere. Segreti! Da una parte eventualmente magari ti permettono di capire: “okay, a chi sto scrivendo?”. C’è appunto, sto scrivendo comunque a un pubblico con una certa età.

Io non è che utilizzi molto questo strumento di vedere chi mi segue, chi non mi segue. Tanto alla fine comunque non ho cambiato più di tanto il mio stile, la mia estetica della pagina, anche una volta che avevo accumulato un po’ di follower. Capito che prendeva più un certo tipo di pubblico rispetto a un altro. Ok, però è utile utilizzare questo strumento che le pagine social ti offrono.

Alessandro: Sì, chiaramente. Ogni volta che si ragiona, si ragiona anche diciamo col mio chiamiamolo caso studio, non lo so, progetto, che appunto però è molto… forse è più vario nel senso perché si trova il servizio di storia, di informatica, o del giornalista. E quindi diciamo il pubblico non è così identificabile. E quindi neanche io ho mai avuto questa possibilità di… e forse non la seguirei neanche, diciamo quella di riuscire a creare contenuti appositamente per il pubblico.

Però ad esempio alcune volte, non so, sul sito ho visto perché vedi… Qui si apre un discorso enorme sull’uso delle statistiche, tutto quanto. Quindi vabbè, io uso un tool che protegge la privacy degli utenti. Però comunque tu vedi delle statistiche aggregate in cui vedi che magari un utente entra nella pagina uno, poi va nella pagina due, poi va alla pagina tre. E da lì diciamo che mi aspetto… allora magari si è perso l’utente. Allora come fare ad ottimizzare in modo che possa diciamo…

[Un cane si avvicina]

Sam: Ciao! Abbiamo un piccolo ospite che è venuto a salutare! Che voleva diciamo condividere la propria… condividere anche con noi la vita da cani, la vita da cane!

Alessandro: E poi non so se ti viene in mente qualche altra… C’è, io dicevo prima aneddoto, in realtà appunto parlavo in generale di esperienza che qualche esperienza che pensi possa essere interessante raccontare, che appunto magari una persona esterna non si può immaginare.

Sam: Riguardo alla mia persona o riguardo al mio progetto? Attraverso la mia pagina non si capisce quasi nulla della mia vita, a parte il fatto che ho letto un po’ di libri. Ma si auspica… uno potrebbe avere anche il dubbio che io stia mentendo su ogni cosa! Dovrei essere bravissimo a nasconderlo. No, pensavo magari neanche… a Bologna infatti siamo a Torino! Non siamo neanche in un parco, siamo nel giardino di un privato, di una persona, una contessa! Fammela contessa!

A parte le cavolate, no, pensavo diciamo qualcosa magari legato più alla pagina. Però in realtà potrebbe essere legato anche a te. Ad esempio quando hai iniziato a leggere, o perché le persone appunto non leggono più. Tra l’altro c’è anche una cosa che in realtà poi secondo me è sbagliata. Spesso, come un po’ ho accennato prima, ho detto così perché effettivamente non so, le statistiche indicano che si vendono meno libri. Però questo non è detto che per forza significhi che le persone leggono di meno.

E poi comunque, in secondo luogo, non so, io sono dell’idea che invece moltissimi… c’è, quasi tutti leggono costantemente. Poi il fatto che leggi non so, come dire, dei contenuti su internet rispetto a un libro non toglie il fatto che tu ti stai impegnando in un’attività della lettura in sé per sé. Ma tu mi chiedevi, scusami, quindi un’esperienza… a quando ho iniziato a leggere?

Alessandro: Ad esempio, sì. Nel senso, perché in qualche modo è collegato…

Sam: Sono andato a leggere… non posso mettermi… Ho iniziato a leggere già da bambino, forse tre-quattro anni. È una cosa che diciamo, un’attività che poi ho perseguito essenzialmente per tutta la mia vita finora. Verso i 14-15 anni ho iniziato proprio a crearmi diciamo dei piani di studio paralleli, anche grazie allo stimolo che in realtà derivava dall’andare, dal frequentare il liceo. Quindi dover leggere manuali, atlanti, storie di… Quindi incominciavo a segnarmi su quadernini magari degli autori che avrei voluto leggere. Quindi poi andavo in libreria e biblioteca a cercare i loro libri e mi facevo questi piani. Nella mia testa poi, verso i 23-24 anni, anche come dire incitato e incoraggiato da molte persone intorno a me – sia professori anche all’università, che non so, la compagna con cui stavo all’epoca, i miei genitori e mia sorella, gli amici – mi dicevano: “Ma perché non provi a condividere quello che stai facendo?”

Con loro ovviamente ne parlavo anche con le persone intorno a me. Mi hanno incoraggiato tanto perché mi dicevano: “Comunque cavolo, da come mi hai parlato di questo libro mi viene proprio voglia di leggerlo! Mi hai proprio incuriosito!” Anche questo genere di interazioni mi hanno poi incoraggiato.

Io iniziai verso i 25-26 anni con un blog che però ha avuto solo due pubblicazioni. E poi ho detto: “Ma perché il blog? Usiamo i social!” Da lì…

Alessandro: Bisognerebbe ritornare anche al blog!

Sam: Sì, invece tra parentesi, quando ho iniziato a fare i primi video…

Alessandro: I primi video… sappiamo, hai iniziato a leggere?

Sam: Poi ci sta perché si suppone che quasi tutti incominciano a leggere da bambini. Non so se a tre anni… però ad esempio tanti libri che a scuola i miei compagni di classe dicevano “che palle”, che leggevano malvolentieri, a me sono piaciuti un sacco! Perché me li sono letti per i cavoli miei, avrò avuto dodici anni. Non ci ho capito nulla chiaramente del contesto storico eccetera, però è anche il bello poi di rileggere i libri e capire nuove cose.

Anzi, c’è una cosa… ecco, scusami, non volevo interrompere… Infatti prima dicevo, secondo me è molto utile nel mio ambito, per chi vuole fare questa cosa di condividere contenuti o documentare libri, che la biblioteca ideale – chiamatelo come volete – ti costringe in un certo senso a rileggere libri che hai già letto. La rilettura è fondamentale nella comprensione di un testo. Infatti Schopenhauer diceva addirittura che i libri che non aveva letto due volte non li considerava letti.

Scusa, mi verrebbe da dire: quando ti impegni in un progetto e vuoi condividerlo, o comunque stai sforzando la tua mente a lavorare sul rimpastare in un certo senso le informazioni… Magari ti costringe, perché soprattutto se intendi avere un minimo di pubblico, un minimo di contatti, gli dai un po’ più di serietà in quello che stai facendo. E dici: “Mi metto a rileggere questo libro perché voglio fare un commento”. Questo può essere uno stimolo a fare cose che non faresti senza la pressione tra virgolette del “sto condividendo un contenuto pubblicamente”.

Alessandro: Sì, perché poi uno comunque lo prende anche un po’ sul serio. Se è un progetto tuo, se non ci credi tu, non hai serietà, perché dovrebbero crederci gli altri?

Sam: Eh sì, certo. Pur non essendo magari una rivista nel senso classico del termine eccetera, però comunque il funzionamento, lo spirito vuole essere quello di curatela, di cura editoriale. Scusa, ti avevo interrotto però tu stavi dicendo… ti avevo chiesto quando hai iniziato a fare i primi video e mi hai detto che…

Alessandro: La prima video? Sì, in sesto…

Sam: No, in realtà anzi, da questo punto di vista tra l’altro è un universo talmente ampio quello dei libri che poi uno eventualmente può leggere, che è giusto secondo me… cioè sarebbe più corretto cercare di accompagnare una persona a scoprire i propri stimoli più che “adesso ti dico io cosa leggere”. Infatti anche la mia ambizione non è quella di dire “leggete questi titoli”.

Scusa, non c’entra assolutamente con video. È anche questo punto, prima di dire… quando ho parlato di video… Cioè, io amo la letteratura, l’ho sempre amata. Poi il mio percorso scolastico è un po’ strano, arzigogolato. Appunto, la strada lunga! E anch’io in un certo senso, sì. Però ad esempio questa cosa che appunto avevo interrotto le superiori, per cui magari mi sono trovato a leggere I Promessi Sposi appunto per i cavoli miei e mi è piaciuto un sacco! È proprio un bel libro. Sono d’accordo. Poi dopo può piacere o non piacere eccetera.

Però mi ha sempre fatto diciamo un po’… un po’ arrabbiare, un po’ tristezza vedere come alcune persone, i miei compagni di classe eccetera, che magari non avevano questo stimolo, che non hanno mai avuto dalla famiglia e dall’ambiente circostante, e quindi non erano appassionati lettori/lettrici… E però dall’altra parte diciamo i professori, anziché provare a stimolare dicendo alla fine “l’importante è che cominciate a esercitare…”

Alessandro: Ma se aprite un libro a caso! Anche Geronimo Stilton, partite da quello! Poi dopo seguirete il vostro percorso…

Sam: Esatto! Magari un ragazzo che non ha mai letto un libro lo fai iniziare coi Promessi Sposi e quello giustamente… C’è quella linea, non aprirà più un libro. Citerà le superiori! Questo diciamo la mia… la mia visione, sì.

Alessandro: No, e quindi diciamo… non so, penso a scuola quello che si fa è quello di provare a insegnare diciamo qual è stata la storia della letteratura italiana eccetera, in modo che così anche se io dico “Promessi Sposi” non ho bisogno di contestualizzarlo perché comunque immagino che più o meno tutti quelli che ascolteranno questo video… I Ferragnez! Esatto, per andare…

Sam: Anche lì da buon milanese!

Alessandro: No, in questo senso, che non… che appunto questa cosa del permettere alle persone come dire di avere dei punti di riferimento. Perché appunto dico “Promessi Sposi”, magari non ho bisogno di aggiungere “Manzoni”. Si suppone che magari si auspica che… diciamo magari a me viene automatico pensare “Promessi Sposi – Manzoni”. Cioè va a costruire diciamo questa base comune tra le persone.

Sam: Ma poi è l’identità, esatto. Identità, appartenenza nazionale, culturale… più culturale nel senso.

Alessandro: Sì no, cioè anche… ci sarebbe da discutere anche un po’ di politica, ma non è…

Sam: Però va… non a stimolare diciamo. Ma va… Ti dirò di più: non so tu… mi conosci, ma io passo le mie giornate a leggere. Solo? No. Cioè secondo me andrebbe lasciato intendere che la lettura è un’attività che anche se impiegata dieci-quindici minuti al giorno, come l’allenamento del corpo… uno… cioè ha degli effetti comunque sulla tua mente che non è detto neanche che siano positivi! Infatti quando si dice “bisogna leggere di più”… No, bisogna leggere meglio!

Per quanto mi riguarda, molte persone leggono tanto ma leggono merda – cose che non danno veramente niente. Penso a volumi universitari… Potrebbe portare anche all’estremo… ma io penso a tutto ciò che oggi, ad oggi, la maggior parte legge: libri di narrativa, sono tendenzialmente con un certo stile, con un certo modo. La persona che alla fine di un anno ha letto anche cento libri, centocinquanta romanzi, non è per forza più acculturata di chi non ha letto neanche uno. Boh.

Perché dipende poi da come orienti la tua attività alla lettura. Come ci sono persone che passano un sacco di tempo a svolgere attività fisiche e non riescono mai ad ottenere chissà quali risultati perché compiono male questa attività.

Secondo me è molto spesso… appunto, poi col fatto che ognuno di noi sperimenta la scuola dell’obbligo, quindi ognuno di noi si crea un vissuto, un’esperienza riguardo al leggere un libro, avere un libro, avere un testo. La scuola in questo senso presenta spesso, forse, provoca più un distanziamento dall’attività della lettura.

Secondo me l’unica maniera per eventualmente recuperare questa attività è far capire che non è… anzitutto non deve essere l’unica attività. Tu puoi fare tante cose, anche leggere. C’è una cosa in più che andrebbe integrata, per quanto mi riguarda. E poi secondo me spesso… e la colpa è principalmente dei divulgatori culturali secondo me, e delle case editrici, e delle istituzioni culturali. Puntiamo il dito! Uno, due, tre… secondo me sì! Perché starebbe a loro, visto che hanno più cultura, essere in grado di divulgarla bene. Non a chi non ne ha.

E sono noiosi! Noiosi! Lasciano intendere che appunto la lettura è serietà e studio. La lettura è memoria, quindi la lettura è filologia. La lettura è storia, la lettura è date. La lettura è autori, la lettura è titoli. La lettura è correnti letterarie. È anche questo! Ma è una particina. In realtà andrebbe vista… La lettura è piacere! Le persone leggono per proprio interesse, per divertirsi. Questo qualsiasi persona lo intuisce. Poi un’attività richiede fatica, impegno. Non bisogna mentire. Molto spesso viene fatto così per creare un gran sapere. Assolutamente, assolutamente. Questo è un vezzo, per dire.

Credo che serate del genere magari molto più informali… io sono in tuta, tu sei novantacinque…

Alessandro: Sempre da buon milanese!

Sam: No vabbè, però per dire, appunto, più informale. Ma che venga fuori… C’è, anzi ti dirò di più: credo che sarebbe molto più utile ad esempio per il mio progetto, per un tuo progetto, se emergessero anche altri lati della nostra personalità, delle persone. Perché? Uno riguarda i libri specificatamente, ma penso valga anche magari per alcuni contenuti che condividi. Condividete? No, perché quando parli di economia, quando parli di politica, quando parli di storia, insomma sono comunque argomenti che spesso vengono intesi come impegnativi e potenzialmente noiosi.

Invece… boh. Cioè, leggere è un’attività che porta la tua mente ad acquisire un determinato tipo di… un certo tipo di informazioni. Quindi queste informazioni, che la tua mente poi è in grado di elaborare, possono dare una mano nel fare amicizia al bar, nel trovare un partner, avere successo accademico, nel capire che lavoro fare… Se si fa… c’entra! Ben secondo me, fare più leva su queste cose: ti aiuta a divertirti di più! Ti aiuta a comunicare meglio con l’ambiente intorno a te, con le persone intorno a te.

Però non è l’unica attività. Cioè è importante anche ascoltare musica, è importante anche – adesso che c’è la possibilità – guardare film, documentari, podcast, chiacchierate, interviste. Cioè io sarei per l’integrazione, assolutamente.

Alessandro: Ma alla fine credo che adesso lo colleghiamo un attimo al mondo della scuola. Sarebbe da fare una chiacchierata proprio sulla scuola.

Sam: Sì, ne conosco, ne fanno tante in realtà.

Alessandro: No, però è veramente un argomento importantissimo su cui peraltro i bambini non possono dire nulla. No? Quindi o ci si pensa una volta a posteriori, sennò… Se io penso, dico: “Cavolo! Ma a scuola quello che succedeva, ero bambino, non capivo nulla ai tempi!” Però capisco… lasciatemi dire un po’ di cose a proposito.

No, sul fatto che se appunto uno semplicemente stimola… stimola nel senso dà la possibilità a un bambino, una bambina di scoprire le proprie passioni, poi quello è un treno! Va da sé! Con… cavolo, ma sai? Neanche stare alzato fino alle tre di notte perché sei lì a leggere il libro! No, non puoi, domani mattina devi andare a scuola, non puoi stare tutta la notte a leggere!

Sam: Lo so, è qualcosa che mi è successo! Non so se poter trasferire… Perché sui libri è un po’ controverso. C’è, tendenzialmente è visto come cosa positiva che una persona si mette a leggere un libro, anche dai genitori. D’altra parte la mia famiglia mi ha incoraggiato, soprattutto poi mio padre. Mi ha incoraggiato tanto in questo. Quindi mi sono ritrovato in questa situazione un po’ ambigua in cui io magari a volte invece di studiare ciò che avrei dovuto studiare, stavo studiando le mie cose. Quindi poi mi dicevano: “Ma non voglio dire non leggere, però non potresti studiare anche quello che devi?”

Un paio di volte i miei genitori – grazie al cielo, perché non hanno mai… erano abbastanza intelligenti per capire che la punizione ha una validità entro un certo limite. Quindi ritirarti… ma neanche i videogiochi, io non sono mai stato particolare… però neanche la tv all’epoca, non è che abbia mai ricevuto… Anche quando li facevo veramente arrabbiare, però mi è capitato un paio di volte.

Un aneddoto divertente potrebbe essere questo: una volta mio padre proprio ero sconsolato perché io stavo leggendo un libro a cui tengo tantissimo e che ho commentato anche sulla pagina – “Le conversazioni con Goethe” di Eckermann. Mi ricordo che di lì a poco però avevo anche un appello di gastroenterologia… endocrinologia? Medicina. E mio padre lo sapeva. All’epoca vivevo ancora a casa dei miei genitori.

Si vede che torna a casa dopo la lezione, incomincia a leggermi questo libro. Vede che non sto studiando medicina. Torna, passa un’ora dopo: sto ancora leggendo quel volumone, piuttosto grosso. Passa due ore dopo: sto ancora leggendo quello. Dopo tre ore…

Ecco, in quel momento è stato un po’ assurdo, credo. Proprio in difficoltà, non sapevo cosa… perché da un lato era lui che mi aveva invogliato a seguire questa strada, però dall’altro aveva l’impressione che io stessi quasi dirottando. Quindi ci fu uno scambio piuttosto divertente, adesso divertente più per me forse che per lui. Perché lui si sarà un po’ più agitato. In cui io alla fine dissi: “Ma io, se domani vengo a mancare, non ho preso la laurea in medicina, vado all’altro mondo piuttosto tranquillo. Ma se vado all’altro mondo senza sapere di Goethe… e poi magari posso incontrare Goethe! Non so… mi dispiacerebbe!”

No, era per dire… lì un po’ si arrabbiò per questa mia risposta. Ovviamente non seguii il suo consiglio, non lo seguii. Cioè non diedi quell’appello. Lo diedi dopo, perché quando hai finito, quando hai finito di leggere Goethe, poi rilasciarlo subito volte, altri volumi…

Ma come… Alle volte mi ricordo, dopo in biblioteca all’università, spesso di medicina… Dopo un po’, quando si incomincia a fare tirocinio… A Bologna abbiamo un sacco di biblioteche dentro la città, nel policlinico. E quindi tendenzialmente trovi persone che studiano medicina, quindi vanno a studiare i loro volumi. Io spesso andavo con i miei compagni di corso, incominciavo a tirar fuori i miei libri… mi studiavo che ne so, quello che era pediatria. Poi dopo un po’ avevo sempre problemi, i miei libri intorno a me. E alcuni miei amici o amiche: “Ma perché facciamo mo’? Studia per il tuo esame, poi fai tutto quello che c’è!”

Alessandro: Non lo so, riguarda me, stai facendo… Direi che vale la stessa cosa di te, la risposta che ho dato. Cioè: uno va all’altro mondo e incontra Manzoni, almeno può parlare dei Promessi Sposi! Un minimo! “Scusi, caro poeta, potrebbe spiegarmi meglio cosa intende per divina provvidenza?”

Sam: Non so se tuttora qualcuno potrebbe rivolgermi delle critiche. Io non penso che sia giusto il mio percorso. Penso che… la cosa che sinceramente sentivo più mia. Certo, è giusto. Che poi ognuno è quello che deve seguire. Perché se appunto è il percorso di qualcun altro in cui uno viene obbligato diciamo ad andare su quei binari…

C’è un proverbio cinese – so che da solo non lo trovo letteralmente, ma non è importante – però il concetto: anche le persone diciamo meno sveglie tendono a sbagliare nella scelta dei modelli che seguono. Invece le persone più sveglie sono in grado di orientare correttamente la scelta dei modelli che seguono. L’intelligente si orienta da solo. Questo dicono gli antichi proverbi cinesi.

Secondo me questo non va inteso elitariamente, capito? Cioè: “I più intelligenti da sé, se sei un minchione che segue gli altri, fottiti perché sei un deficiente”. No. Ciò vale per ogni intelligenza, come ogni qualità entro uno spettro. Cioè se vuoi crescere nella tua intelligenza, arriva un punto dove devi andare per conto tuo. Non c’è modello. Esatto. Anche l’intelligenza è una strada, direi. Perché puoi anche definire cosa è intelligenza? Sì, la lancio spesso queste provocazioni. Spesso si intende la cultura come quasi identico sinonimo del sapere. No, non è detto. Dirò di più: la cultura diventa un ostacolo!

Alessandro: Bisogna essere in grado di rinunciare anche a tutto ciò che hai letto, per dire. Tutto ciò che hai appreso, a un certo punto fare tabula rasa. Questo pesa molto di più quando in vita tua hai impiegato anni, anni, anni a leggere migliaia di libri, piuttosto che quando non l’hai fatto. Cioè è più difficile rinunciare a dieci milioni in banca che non a due euro.

Sam: Ma penso al sapere di non sapere, quella cosa lì che diciamo appunto: okay, ho studiato, so come funzionano alcune cose perché l’ho appreso. Dopodiché mi devo anche ricordare che può esistere altro.

Alessandro: In un’accezione ancora più radicale, io sono proprio dell’idea che per aumentare il sapere, riguardo la consapevolezza di sé e dell’ambiente in cui si vive, arriva un punto in cui devi metaforicamente bruciare tutti i libri che hai letto. Devi metaforicamente lanciarti dall’altezza che hai raggiunto. E visto che ogni medaglia ha due lati, se tu hai lavorato tanto, sarai più in alto, sarà più difficile lanciarti. Se tu hai accumulato più sapere, cultura e sapere, quindi in un certo senso sarà più difficile rinunciare a quello. Ma è utile per progredire nel sapere.

Sam: Detto “bruciare tutti i libri”, ma noi sappiamo che i libri non bruciano mai!

Alessandro: Ovviamente! “Il Maestro e Margherita” – se i libri non bruciano mai! Però è bello questo riferimento. Io mi stavo riferendo nella mia testa a un avvenimento che fu centrale nella storia di Rumi, il filosofo e poeta mistico persiano che poi ha dato origine ai dervisci rotanti, alla confraternita. È considerato uno dei filosofi/poeti più importanti della scuola persiana e islamica, più in generale mondiale in assoluto. E lui, nell’incontro con quello che fu il suo maestro spirituale, Shams-i Tabrizi, si ritrovò tutti i suoi libri bruciati o annacquati. Era metaforico, della serie: se vuoi veramente adesso progredire, tutto questo lo devi mettere da parte.

E non è facile, ti ripeto, perché un conto è un libricino… una biblioteca!

Sam: Sì, siamo arrivati alla fine. Con Sam abbiamo fatto questa chiacchierata. Ci siamo divertiti parlando di varie cose. Spero che sia stata interessante anche per voi. Ce lo auspichiamo, ce lo speriamo! Anche perché torneremo, saremo sempre…

Alessandro: Quindi grazie per l’opportunità.

Sam: Grazie a te!

Alessandro: Saluta tutti!

Sam: Vi vogliamo molto bene! Un abbraccio! Un abbraccio virtuale!


Fine dell’intervista

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